Nel
prestigioso team di docenti a Ossidiana quest’anno è entrata
a far parte Mirta Caccaro, pittrice vicentina appassionata ed esperta
di varie tecniche artistiche. Nella sua pittura, che è stata
definita “nuova astrazione intellettuale”, Mirta ricorre
alle tecniche più svariate, modulando e ritmando il colore in
accoppiamenti croma-tici apertamente legati a suggestioni sensoriali,
mentali e sentimentali di musica, letteratura, poesia.
Come si
è sviluppata la tua passione per la pittura?
Dopo il “Boscardin” a indirizzo artistico, ho frequentato
l’Accademia di Belle Arti di Venezia. L’aula dove si dipingeva
era un grande “atelier” frequentato da studenti di ogni
parte d’Italia e dell’estero. C’era un clima stimolante
ed una forte coesione tra noi studenti, che condividevamo difficoltà,
soddisfazioni, idee e le prime esposizioni di pittura. Venezia con le
sue calli, i suoi campi e la laguna, ci dava poi la possibilità
di vedere mostre e di visitare gallerie. Si passava ore a discutere
di pittura, di toni di luci di ombre degli artisti del pas-sato e contemporanei;
ci si confrontava continuamente, lavorando vicini, condividendo colori
e vari materiali. L’Accademia è stata per me fondamentale,
mi ha orientato, mi ha dato prima la possibilità di affrontare
le tecniche pittoriche e lo studio della modella, per poi sviluppare
ed approfondire l’arte astratta.
E poi come si è sviluppato il tuo percorso artistico?
Mi sono dedicata all’incisione, all’illustrazione, alla
ceramica ed alla scenografia. Mi occupo di illustrazione xilografica
per ragazzi, ed ho partecipato alla Fiera Internazionale del libro di
Bologna, all’Hitabaschi Museum di Tokio, alla Biennale Internazionale
d’Illustrazione di Teheran e presso l’associazione Jean
Chièze a Parigi.
Espongo dal 1989 in mostre personali e collettive in Italia e all’estero
presso spazi privati e pubblici.
E le tue emozioni quando dipingi?
Mio soggetto di riferimento è il cavallo, ma non solo, appaiono
spesso anche altri animali; questi soggetti perdono la consistenza materica
per diventare segno, colore. Sono il pretesto per scavare la materia
in una ricerca che giunge al gesto assoluto, per comporre superfici
pittoriche dove posso esprimere le mie emozioni, turbamenti, eccitazioni,
oppure i miei abbandoni sereni.
Il segno diventa coordinata spaziale dell’opera, la quale si trasforma
in un racconto dipinto: percorso illustra-tivo a volte inquieto a volte
ironico. Con il mio lavoro cerco di raggiungere la sintesi e la stilizzazione
formale. Il colore è fondamentale nella mia pittura, in quanto
diventa esso stesso immagine: la pennellata si fa “figura”
si rapprende e non evapora.
Lavoro sulla tela stesa sul pavimento, per sentire il possesso globale
“dell’oggetto”, e l’opera è parte di
me, è mano, braccio, piede, volto.
L’emozione più grande è quando finisco di lavorare
e metto la tela in verticale, l’effetto cambia, rimane co-munque
una specie di ribaltamento di me: apro il mio corpo e proietto fuori
la mia “anima”.
E per l’insegnamento?
Sono abilitata e specializzata per la docenza di Educazione Artistica.
Insegno e mi piace insegnare. Mi viene facile comunicare, trasmettere
agli altri. Cerco di rispettare la personalità di ciascun allievo
a cui mi rapporto e raramente intervengo direttamente sul loro lavoro.
Mi piace poi il rapporto che s’instaura tra gli allievi e tra
questi e l’insegnante; ed inoltre riuscire a trasmettere qualcosa
di mio ad altre persone. E’ bello lavorare quando gli allievi
manifestano piacere prima nell’apprendere e poi nell’esprimersi,
e dimostrano fiducia nel poter acquisire nuove tecniche.
Cosa insegni ai tuoi allievi?
Cerco di far comprendere loro che ogni artista non si è mai accontentato
di copiare fedelmente la realtà, ma ha sempre cercato di interpretarla
e di inventarla esprimendo la propria personalità e sensibilità;
che il segno è un importante mezzo espressivo, ma non deve essere
casuale; che è necessario, attraverso l’esercizio, scoprire,
inventare i “nostri” segni. Il segno, infatti, è
la traccia lasciata da un gesto, l’espressione di una volontà
umana, la testimonianza di un’esistenza.
Molte persone si dedicano con entusiasmo alla pittura. Quali i tuoi
consigli?
Non c’è secondo me una “ricetta” per diventare
un buon pittore. E’ importante dedicarsi con impegno all’attività,
facendo molto esercizio, e avere una solida base di disegno che permetta
poi di affrontare la pittu-ra con più sicurezza. La propria vocazione
va sempre seguita. Frequentare inoltre mostre e gallerie fa sempre bene,
perché permette di vedere come lavorano gli altri. Importante
è continuare a migliorarsi, senza demoralizzarsi mai.
Quali sono le difficoltà più ricorrenti per gli
allievi?
Non riuscire ad interpretare il soggetto, a mettere un po’ di
proprio in quello che fanno. Sono abili nel ripro-durre delle copie,
ma hanno spesso paura di “lasciarsi andare”.
Cosa ti prefiggi con i tuoi allievi?
Che arrivino, attraverso la rappresentazione di una natura morta, un
paesaggio, un ambiente, (“L’anima non pensa mai senza un’immagine”,
Aristotele “De Anima”) a sperimentare, inventare, per cogliere
soprattutto il valore espressivo del segno e del colore.
Dalla copia dal vero, gli allievi compiono un breve percorso attraverso
le opere di alcuni artisti per cogliere i diversi atteggiamenti con
i quali loro si sono posti di fronte a questi soggetti. Fattore dominante
sarà il colore con cui ogni artista ha comunicato ed espresso
le proprie intenzioni.
Inoltre agli allievi dà soddisfazione riuscire a realizzare dei
lavori mettendoci qualcosa di proprio, quindi li incoraggerò
a realizzare opere con un proprio “stile”, un’interpretazione
autonoma.
Gianni Gastaldon
|